Quale gioia, quando mi dissero...

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Introduzione al pellegrinaggio in Terra Santa


Voglio iniziare questo mio scritto con le parole del Salmo 122: 

1Quale gioia, quando mi dissero:
"Andremo alla casa del Signore!".
2 Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!
3 Gerusalemme è costruita
come città unita e compatta.
4 È là che salgono le tribù, le tribù del Signore,
secondo la legge d'Israele, per lodare il nome del Signore.
5 Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.
6 Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano;
7 sia pace nelle tue mura,
sicurezza nei tuoi palazzi.
8 Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: "Su te sia pace!".
9 Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.

È il salmo dei pellegrini che salgono a Gerusalemme nel quale possiamo percepire il senso di commozione e di gioia da cui il popolo Ebraico era pervaso all’idea di mettersi in viaggio verso la città santa, luogo della dimora di Dio.

La preghiera si apre con un riferimento alla gioia: Quale gioia, quando mi dissero: “Andremo alla casa del Signore!” (v. 1). Compare qui un elemento nuovo: la gioia. Il viaggio-pellegrinaggio di cui si parla è collegato alla gioia, non ha altri motivi; è un’esperienza caratterizzata dalla gratuità, non dal bisogno o dalla ricerca di grazie particolari. È talmente intenso questo sentimento che il v. 2 parla della mèta come fosse stata raggiunta: Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme!. Il testo ebraico recita: Stanti sono i nostri piedi, una pessima resa letterale che però fa capire due cose: che il “già” manca in ebraico e che il verbo che vi si trova è un participio (“stanti”).  Il Salmo descrive cioè il punto di partenza del viaggio, il sentimento di gioia, e che anticipi il compimento di tale desiderio nel v. 2.
Gioia, desiderio, compimento, sono elementi importanti del viaggio come esperienza spirituale. Il pellegrinaggio, metafora del viaggio della vita, o della vita come viaggio, ha una mèta, non è fine a se stesso, non è un vagare senza scopo e neppure una fuga dalla realtà. Al contrario, è un cammino che ha una direzione, un termine di riferimento che è insieme reale e ideale: Gerusalemme. Si tratta di una città reale, di un luogo di incontro e di relazione, cui si sale insieme ad altri. È interessante notare il gioco di verbi che compaiono all’inizio del Salmo: l’orante si esprime in prima persona, ma facendo riferimento anche a un gruppo di cui lui è parte (Quale gioia, quando mi dissero). 
Lo stesso discorso vale per Gerusalemme, che è la meta del pellegrinaggio di un singolo, ma nello stesso tempo: è là che salgono le tribù del Signore (Salmo 122,4). Gerusalemme, città reale, rappresenta anche un ideale, già contenuto nel suo nome che significa “città della pace”. Ed è significativo che i vv. 3-5 descrivano la città, mentre i vv. 6-9 siano invece dedicati alla pace: la struttura del Salmo ricalca l’etimologia (popolare) della città di Gerusalemme, punto di arrivo del viaggio. Ma perché possa vivere in pieno la vocazione che è contenuta nel suo nome, occorre pregare per la pace e il bene di Gerusalemme (vv. 8-9) e lavorare per costruire questa realtà.
In definitiva nel Salmo 122 sono presenti due grandi simboli del cammino umano: la vita come pellegrinaggio, che non si compie da soli, ma insieme ad altri membri, divenendo un popolo grazie al cammino fatto insieme; la mèta di questo cammino, Gerusalemme, è l’altro simbolo. La città santa è insieme un luogo reale e un ideale da costruire, per cui pregare; l’attesa gioiosa di raggiungerla dà senso ai passi compiuti, delineando così un compimento che non è solo rinviato a un evento futuro, ma che si realizza già nell’oggi del cammino.
Alla luce di tutto questo potremmo tranquillamente dire che il pellegrinaggio, il “mettersi in cammino” è metafora dell'esistenza umana e della vita di ogni persona. 
Leggendo qua e là mi sono imbattuto in questa frase: “L’uomo non ha mai smesso di camminare“. L’uomo, dunque, è un pellegrino, è fatto per camminare, non può fermarsi.
E il pellegrinaggio fisico non è altro che una metafora della vita stessa: l’esistenza è un pellegrinaggio. L’uomo è un pellegrino che sta tornando alla casa del Padre. Riscopriamo il valore del pellegrinaggio spirituale! 
E anche noi, come Comunità Pastorale in cammino, vogliamo fare l’esperienza del Pellegrinaggio per eccellenza: quello in Terra Santa. 
La partecipazione fisica a un pellegrinaggio di questo tipo offre la grande opportunità di ripercorrere i luoghi della salvezza. Ma non dobbiamo dimenticare che noi, durante tutto l’anno liturgico, veniamo invitati a compiere un pellegrinaggio attraverso i misteri di Cristo. Perciò il pellegrinaggio spirituale è sempre possibile, anche quando non ci sono le condizioni per mettersi in cammino fisicamente. E, di per sé, l’anno liturgico è pensato proprio come un grande pellegrinaggio, un grande cammino dietro a Gesù, sulle Sue orme, ripercorrendo tutti i misteri della Sua vita. Questo è sempre possibile, in qualsiasi occasione e circostanza.
Ma cosa vuol dire partecipare a un pellegrinaggio in Terra Santa?
È una grazia e un’occasione che si possono vivere, per fare un’esperienza più intensa, per sperimentare quegli elementi che costituiscono il cammino della vita e che lì sono concentrati in pochi giorni. Si va più a fondo, anche per la grazia del luogo, delle nostre radici, della nostra fede, del nostro incontro con Gesù.

E allora annunciamo con gioia che da martedì 8 a martedì 16 aprile 2024 vivremo questa esperienza. Il costo sarà indicativamente di € 1.600.  Questi dati potranno subire delle variazioni. A breve daremo le informazioni definitive. 

Don Carlo
 

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